Pubblicato su politicadomani Num 86 - Dicembre 2008

I fatti
Alitalia una lunga storia di occasioni perdute

L’attentato alle Torri Gemelle segna una svolta nel traffico aereo: l’aumento dei costi e dei pericoli hanno creato difficoltà a molte compagnie. Il caso Alitalia, tuttavia, si intreccia con una buona dose di presunzione e di miopia  

di R.C.

Cominciamo con il sottolineare che la situazione delle compagnie aeree già aggravata dall’aumento sconsiderato dei costi di energia, del personale e degli slot, è mutata radicalmente con l’11 settembre 2001, dopo l’attentato terroristico alle Torri gemelle, che ha reso il viaggio aereo sempre più pericoloso e difficile. Una delle compagnie a pagare per prima fu la Swiss Air che fallì proprio in quell’anno. La Swissair fu dal 1931 al 2001 la compagnia aerea nazionale Svizzera. In seguito al fallimento della società di gestione SAirGroup, dalle basi della compagnia aerea regionale Crossair fu fondata la nuova compagnia di bandiera Swiss che vola regolarmente.
L’ombrello protettivo
L’Alitalia è sempre rimasta salvaguardata dalla sua appartenenza allo Stato, come compagnia di bandiera, grazie ad una partecipazione quasi del 50%. Nel 2001, anno nero per l'Aviazione Civile mondiale, Alitalia paga più della concorrenza la flessione della domanda per la sua precedente crisi strutturale, in particolar modo per la concorrenza agguerrita delle compagnie cosiddette Low cost.
Nello stesso anno Alitalia stipula un'alleanza con Air France ed entra a far parte di SkyTeam una delle principali alleanze aeree. L'accordo con la compagnia francese prevede anche uno scambio azionario del 2%, in virtù del quale i due amministratori delegati Francesco Mengozzi e Jean-Cyril Spinetta entrano a far parte dei reciproci consigli di amministrazione. Mengozzi, confermato dal governo Berlusconi II, aveva in animo una fusione con Air France ed aveva ottenuto che la fusione fosse fatta attribuendo ad Alitalia il 30-35 % del capitale della rete francese. La bontà dell’accordo derivava dal fatto che il titolo Alitalia era sempre più in difficoltà: infatti un'azione di Alitalia che in Borsa valeva nel 2001, circa 10 euro, nel 2006 era scesa a solo 1,57 euro per posizionarsi a 0,97 euro il 20 marzo 2007 (fonte: Sole24ore). Il governo però respinse la proposta.
In cerca di alleanze
Nel 2007 Maurizio Prato, tentò di nuovo la privatizzazione. Alla gara manifestarono interesse Air France-KLM, Lufthansa, AP Holding (che controlla Air One), Aeroflot, e una cordata con rappresentante legale Antonio Baldassarre. Il 21 dicembre il  Alitalia accetta l’offerta di Air France-KLM con cui avvia una trattativa in esclusiva. Il 15 marzo 2008, Alitalia, con quotazione di borsa a 0,56 euro, accetta l'offerta vincolante di Air France-KLM che prevede un'offerta pubblica di scambio sul 100% delle azioni di Alitalia con una permuta di 160 azioni Alitalia per ogni azione Air France-KLM e un'offerta pubblica di acquisto sul 100% delle obbligazioni convertibili Alitalia. Il valore dell'offerta sarà di 1.7 miliardi di euro e comprende la ricapitalizzazione di 1 miliardo, 138,5 milioni per l'acquisto delle azioni Alitalia, valutate singolarmente 0.099 euro, e 608 milioni per le obbligazioni convertibili.
L'offerta è vincolata da una serie di condizioni, tra cui: il raggiungimento di un accordo con i sindacati, l'impegno scritto del governo a mantenere il portafoglio dei diritti di traffico di Alitalia, la sottoscrizione di un accordo con Aeroporti di Roma sui livelli di servizio necessari per l'attuazione del Business Plan 2008-2010, un accordo con Fintecna e Alitalia Servizi che prevedeva il rientro in Alitalia di attività come la manutenzione ed i servizi di terra e la rinegoziazione di alcune clausole dei contratti di servizio, il ritiro del contenzioso in essere con la SEA. Le condizioni dettate che avrebbero dovuto risolversi entro il 31 marzo 2008 sembravano essere più che buone se si considera il fatto che Alitalia  avrebbe mantenuto un ruolo autonomo, l’identità italiana ed il proprio marchio, logo e livrea per non perdere un valore di avviamento veramente importante.
Sul versante negativo però si prospettavano esuberi per 2100 unità (solo per Az servizi).  Inoltre se il ministero dell'Economia avesse aderito all'offerta, lo stato italiano sarebbe stato proprietario di una quota pari all'1,4% nel capitale del gruppo franco-olandese e avrebbe avuto un consigliere italiano indicato dal MEF per sei anni nel  di Alitalia. Anche la flotta Alitalia avrebbe subito una riduzione di circa 149 aerei e il nuovo gruppo avrebbe avuto tre basi di riferimento: Amsterdam, Parigi e Roma.  
Salvare l’italianità
Il 2 aprile 2008 però Maurizio Prato si dimise a causa del mancato accordo con le parti sociali e delle dichiarazioni di Silvio Berlusconi (il suo rifiuto di concludere l'accordo in caso di vittoria elettorale perché, a suo parere, l’offerta rappresentava una svendita dell’Alitalia). La contrarietà, inoltre, di esponenti dello stesso governo Prodi portano il presidente francese Jean-Cyril Spinetta ad annunciare il ritiro dell'offerta di acquisto di Air France-KLM.
La Compagnia trovandosi in difficoltà riesce ad ottenere, tramite un decreto legge, un prestito di 300 milioni da restituire entro il 31 dicembre, decisione fortemente contestata dalla Commissione Europea che rifiutava, per il principio di concorrenza, l’erogazione di illeciti aiuti di stato. Il governo il 21 maggio converte il prestito ponte in patrimonio netto per la società.
Nel frattempo ci sono i contrasti che nascono dal ridimensionamento dell’aereoporto di Malpensa con il ritorno di un unico hub a Roma Fiumicino. La decisione è contestata dai vertici istituzionali lombardi e dalla Lega nord e nei mesi successivi porta all'avvio di una causa civile da parte della SEA, con richiesta di un risarcimento danni per 1,25 miliardi di euro.
Il Piano Fenice
Il governo e la compagnia Alitalia affidano un ruolo di consulente a Intesa Sanpaolo affinché individui il percorso da seguire per una nuova iniziativa di privatizzazione. Secondo quanto riportato dai media, il progetto allo studio della banca prevedeva il ricorso al commissariamento (legge Marzano) e la successiva fusione con Air One. Il Piano Fenice ideato dall'istituto di credito e discusso dal  Alitalia alla fine di luglio, prevedeva la costituzione di una nuova società, dove far confluire una parte della vecchia compagnia con un numero di esuberi pari a 3250 unità. Nella nuova società sarebbe confluita anche Ap Hoding S.p.A. la società del Gruppo Toto che controlla Air One. Si trattava di trovare una soluzione che soddisfacesse le richieste di mantenere l’italianità della compagnia di bandiera, in quanto soggetto economico strategico.
Il 1 settembre il commissario fallimentare Fantozzi riceve l’offerta di imprenditori italiani che hanno formato una società, la Cai, per rilevare gli asset di Alitalia.
La valutazione degli asset
Il problema più evidente è la valutazione di ciò che deve essere ceduto alla nuova società e ciò che deve restare invece a carico della cosiddetta “Bad company”, cioè la vecchia Alitalia ormai in liquidazione, compresi i 300 milioni di euro erogati come aiuto di stato e contestati dall’Europa. La Cai (Compagnia Aerea Italiana) presentava l’offerta di un miliardo di euro per rilevare gli asset valutati dagli advisors Banca Leonardo, valutatore indipendente e Rotschild consulente del Commissario. Il piano prevede il pagamento in più tranches: in denaro 100 milioni alla data del 30 novembre ed il resto mediante accollo dei debiti assunti dall’acquirente nonché mediante il pagamento spettante del saldo algebrico tra specifiche partite debitorie e creditorie. Senza addentrarci troppo in dati tecnici, ricordiamo solo che il Commissario ha stabilito il prezzo definitivo in un miliardo e 52 milioni, dando anche la possibilità in futuro che possa entrare un partner straniero che prenda fino ad un 20% di partecipazione, pagando un interessante sovrapprezzo. I due partners più accreditati sembrano essere Air France-KLM e Lufhansa.

 

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